venerdì 28 agosto 2015

BAMBINI, FIABA E PSICOTERAPIA



Il campo della psicoterapia infantile è vasto, complesso e articolato. Oggi, infatti, le tecniche di intervento sono sempre più numerose e differenti i fondamenti teorici su cui si basano. Difficile pensare di poterle descrivere tutte. Gli elementi in gioco sono molti e, nel caso di un intervento con il bambino dobbiamo considerare almeno tre relazioni da gestire: quella con il bambino, appunto; quella con i genitori; quella con gli altri significativi nel suo contesto di vita.
Inoltre, in età evolutiva, c’è da tener presente che numerosi sono «i comportamenti apparentemente patologici che in realtà costituiscono delle preforme di una organizzazione mentale: se così non fosse, quasi tutti i bambini dovrebbero essere considerati come “malati” e giustificare un trattamento».
Il bambino in terapia è colui che porta un disagio, vero o presunto e non possiamo pensarlo come soggetto capace di essere consapevole di un disturbo psichico in quanto tale. Amare l’infanzia, mettere al centro del lavoro terapeutico il bambino, utilizzare tecniche non finalizzate al sintomo o alla conferma o meno di una ipotesi di lavoro, questi sono solo alcuni dei presupposti umani e tecnici che dovrebbero farci da guida nella psicoterapia infantile.
In primo luogo, seguiamo le considerazioni di Palacio Espasa (1995) in merito al fatto che oggi, in campo psicoanalitico, si fatichi a trovare una linea comune e che ci sia una crisi dei modelli di fronte ad esigenze di risposta che investono campi sempre più vasti e differenziati. C’è una crisi di crescita legata all’impossibilità di individuare la priorità, la maggiore efficacia di una tecnica rispetto all’altra e l’impatto dei singoli fattori specifici.
Tutto questo in relazione alle diverse età del bambino, alla natura del suo funzionamento mentale e alla sua patologia.
Oggi, in sostanza, assistiamo a due fenomeni:
- una disaffezione da parte degli analisti verso il lavoro terapeutico con i bambini;
- il diffondersi delle cosiddette “epidemie”, in particolare nell’ambiente americano: autismo, ADHD, sindrome bipolare, definite, appunto, come le “epidemie” che nell’ultimo decennio hanno interessato il mondo dell’infanzia. Le considerazioni del caso sono facilmente estendibili al panorama italiano.
La seconda riflessione riguarda più specificatamente gli aspetti metodologici in riferimento agli esiti delle psicoterapie in età evolutiva.
In primis, le considerazioni di Ammaniti ed Ortu sugli studi di Levitt e di Casey e Berman (1985), i risultati dei quali ci mettono in guardia dallo stabilire una affrettata equivalenza fra la validità clinica di una terapia e la sua efficacia valutata sulla base di sperimentazioni controllate. Gli stessi autori, sempre all’interno di ricerche volte alla dimostrazione dell’efficacia dei trattamenti psicoterapeutici nei bambini, avanzano il “paradosso dell’equivalenza” rispetto al quale «tutte le terapie, indipendentemente dai presupposti teorici e dalla tecnica utilizzata, dimostrano la stessa efficacia terapeutica».
Allora, a fronte di un interesse abnorme per i bambini e le loro problematiche, di cosa ci si occupa effettivamente in psicoterapia infantile?
Alla luce della complessità dell’analisi, sposteremo la nostra attenzione su un elemento che ci sembra possa rappresentare un momento di confronto, più che di scontro fra le varie scuole: la metafora, perfettamente consapevoli del fatto che questo sia solo uno dei possibili modi di interagire con la patologia, quindi non l’unico e sicuramente criticabile.
La fiaba è e può rappresentare, in tal senso, un potente strumento terapeutico. Il linguaggio del metaforico è un linguaggio simbolico: le fiabe, per questo motivo attirano l’attenzione del bambino e favoriscono in lui l’attivazione di processi di immedesimazione che, nel momento in cui ne sanificano i conflitti interiori aiutano a trovare soluzioni mentre calmano l’angoscia. Non dimentichiamo che la psicoanalisi nasce e poggia il suo intervento terapeutico sulla dimensione simbolico-verbale.
Molte, le funzioni psicologiche e psicoterapeutiche cui la fiaba assolve, tra cui l’appagamento di desideri nascosti, piuttosto che la possibilità di esorcizzare elementi negativi del reale. In ogni caso, rappresenta per il bambino una via privilegiata per entrare in contatto con le proprie funzioni psicologiche. Come afferma Bettelheim (1977) l’uso della fiaba è un “possibile strumento che, attraverso il simbolo, fa chiarezza nel caotico mondo intrapsichico infantile”. La fiaba parla nel linguaggio simbolico e in questo linguaggio esprime fenomeni psicologici interiori. «Le fiabe indirizzano il bambino verso la scoperta della sua identità e suggeriscono le esperienze necessarie per sviluppare il suo carattere. I personaggi e gli eventi delle fiabe personificano conflitti interiori e suggeriscono in maniera sottile come possono essere risolti».
Elemento di sviluppo della creatività, la fiaba diventa nel contempo strumento di comprensione del proprio mondo interiore e relazionale. Le storie parlano al bambino incoraggiando lo sviluppo del suo Io semplificando le situazioni, facendo cogliere gli elementi essenziali del problema.

Fonti:
- D. MARCELLI, Psicopatologia del bambino
- F. PALACIO ESPASA, Psicoterapia con i bambini
- P. FONAGY, M. TARGET, D. COTRELL, J. PHILLIPS, Z. KURTZ, Psicoterapia per il bambino e l'adolescente
- B. BETTELHEIM, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe