Sì, l’ho letto … anche l’ultimo. Perché Harry Potter va letto, prima ancora di essere visto. “L’universo narrativo crea una identità e l’identità aiuta le persone a dare un senso a quello che fanno” (Fontana, 2014)
La trasposizione cinematografica vuoi per esigenze di copione o scenografiche o altro, finisce con l’omettere, addirittura distorcere importanti particolari e accadimenti. Spesso questo è andato anche a svantaggio dell’immagine di alcuni personaggi, uno fra tutti Cho Chang, quella del primo bacio, per capirci. Il film la fa passare per spia e traditrice quando invece non fu lei a rivelare l’esistenza dell’Esercito di Silente alla Umbridge!
Insomma, gli intrecci sono moltissimi, le chiavi di lettura di più. Non voglio spoilerare, voglio solo dire la mia su un libro che spesso si fatica a comprendere come possa piacere ed essere letto da così tante persone, adulti compresi.
Trovo la saga di Harry Potter a suo modo quasi un trattato di psicopedagogia e, in quanto tale, importante momento di riflessione su aspetti non solo narrativi. Come nella fiaba, anche nel fantasy, il lettore trova una modalità che gli consente di aprirsi al mondo interiore, dal momento in cui essa parla il linguaggio delle sue emozioni più profonde. Il fantastico supera il reale, si oltrepassa ogni limite umano e razionale. Le paure e le fragilità vengono raccontate e, nel contempo, viene data la possibilità di arrivare a una soluzione per ritrovare serenità.
I temi importanti tornano anche in quest’ultimo libro: la morte, l’amicizia, l’impegno, l’amore.
Ritroviamo Voldemort, il cattivo, colui che rappresenta il male. Sappiamo che è un orfano, proprio come Harry, un ragazzino segnato dalla diversità e dalla solitudine. La sua ricerca dell’immortalità è metafora dell’uomo moderno che si pone al centro dell’universo, di colui che può tutto e che in realtà teme la fine perché dopo la morte vi è solo il nulla. E Voldemort, a dispetto di tutto, della morte ha paura. Ormai sconfitto, non cessa però di manifestarsi.
Incontriamo nuovamente il professor Severus Piton, quello di Difesa contro le Arti Oscure. Un uomo innamorato in realtà, in lotta contro il male, sacrificatosi per la causa con la stessa vita. Egli testimonia con la sua esistenza che spesso ciò che vediamo non è quello che è e che le persone nascondono vissuti importanti e dolorosi meritevoli di essere ascoltati e conosciuti. Anche Severus è stato un adolescente emarginato, disagiato, vittima di bullismo dallo stesso padre di Harry. Ma, in realtà, è un uomo capace di sentimenti profondi e sinceri, fino al sacrificio di se stesso.
E c’è anche Silente, il maestro, il saggio. In realtà un uomo dal vissuto controverso, spesso fra luci e ombre, non perfetto. Cogliamo in lui momenti di forte autocritica per il suo ruolo nella vita di Harry.
... giusto per citarne alcuni.
Dunque, anche in “Harry Potter e la maledizione dell’erede” troviamo il fato, la profezia, la possibilità di scegliere e poter decidere del proprio destino. È, al momento, l’ultimo della serie, un testo teatrale per il modo in cui è scritto... gli spunti di riflessione, però, non sono meno interessanti. In una serie di intrecci la storia ripercorre i fatti salienti della saga, gli aspetti cruciali degli accadimenti quasi a ricordo e a promemoria di quanto è successo.
Harry è ormai padre, così lo avevamo lasciato alla stazione ... con Albus figlio suo e di Ginny. Ed è proprio il conflitto generazionale il primo aspetto che emerge. Padre e figlio cercano un modo per entrare in relazione ma non riescono a comunicare. Si trattano male, si dicono cose pesanti, si feriscono. Harry fatica a entrare in questo ruolo e fa cose in nome del buon senso che invece di sanare il divario, lo alimentano. In Albus, sembra a tratti di rivivere l’adolescenza di Harry, alla ricerca di amicizie, di punti di riferimento, nonché alla realizzazione di se stesso. Ma, in fondo, non è ciò che ciascuno fa a quell’età? Il ragazzo, solo alla fine riconoscerà nel padre quella guida e quel punto di riferimento che tale figura può e potrà essere per lui. Albus vive il conflitto con un uomo dal vissuto così ingombrante ... “il figlio di” ... essere all’altezza del quale è impresa quasi titanica. Harry è famoso, è un eroe, un uomo del quale si fa fatica ad essere figli. Ma è, in realtà, un uomo che si mette in discussione per tutta la storia, anche sul suo stesso ruolo di padre e sulle sue aspettative. Quanta attualità in questo!
Albus ha un migliore amico, Scorpius. Entrambi condividono la stessa casa, quella di Serpeverde. Perché sì, il figlio di Harry, non farà parte di Grifondoro e anche questo avrà un suo peso. C’è, dunque, anche qui una bella storia di amicizia. Albus e Scorpius sono due adolescenti con voglia di rivalsa da un familiare pesante ... Scorpius, dal canto suo, è figlio di Malfoy e strani pettegolezzi girano sul suo conto. Nulla li smuove, sono giovani e agiscono come tali, anche in modo sconsiderato mettendo a rischio la loro vita e quella degli altri. Sembrano non rendersi conto della gravità delle loro azioni. Ma il trio Potter, Granger e Weasley a questo ci ha abituato da tempo!
In ottica sistemica sembra possibile una lettura su tre ambiti generazionali perché compariranno anche i nonni di Albus ad un certo punto ... sembra dunque il suo un percorso di appartenenza e differenziazione.
Le donne, poi, sono tante, dalla professoressa Minerva McGranitt a Dolores Umbridge. Quindi, Hermione e Ginny, ormai mogli e madri. Donna in carriera la prima. Sposata con Ron, il migliore amico di Harry che in una visione attualissima della vita ha un lavoro meno prestigioso della moglie. Spesso sono loro a rappresentare elementi di svolta degli accadimenti, grazie alla pacatezza, al coraggio, alla determinazione che le contraddistinguono. Sempre una figura femminile sarà elemento centrale della storia … ma qui si rasenta lo spoiler!
E, poi, altrettanto importante, la questione del tempo. I personaggi viaggiano molto, nel passato e nel futuro. È un tempo che si intreccia in un alternarsi quasi vorticoso fra passato, presente e futuro. Un ritorno a momenti chiave e cruciali della storia. Un passare del tempo che ci mette di fronte alle nostre fragilità e ci mostra impotenti in quanto esseri mortali. Forse è un monito ad imparare ad accettare le cose, forse è un modo per farci riflettere sul fatto che è sbagliato pensare di poter cambiare il destino e forzare gli avvenimenti.
È dunque l’elemento metaforico e simbolico di questo tipo di narrazione quello che ci consente di confrontarci con contenuti che non sono a noi estranei, dal momento in cui è come se li ritrovassimo scritti da tempo immemorabile nella nostra anima. Ma, non solo, è sempre tale elemento che ci consente di entrare in contatto con la profondità del nostro essere e della nostra esistenza in completa sicurezza, senza incorrere in rischio alcuno: non siamo noi a compiere le azioni, ma i personaggi della storia i quali, però, nel loro agire riflettono il nostro Io interiore e, nel far questo, ci consentono di vedere le situazioni che stiamo affrontando secondo differenti sfaccettature e angolazioni. Questo è l’aspetto che può rendere anche terapeutico un certo tipo di letture (la fiaba per i bambini, in primis) ovvero, il fatto che essa ci consenta di uscire dal guscio interiore dandoci però la sensazione di non esserci esposti veramente.
Un grazie ad Alice, ex alunna, che nel lontano 1997 mi ha prestato il primo libro della serie in tempi in cui ero molto diffidente e pensavo ad Harry Potter come ad uno dei tanti fenomeni del momento ... che dire ancora, buona lettura a tutti!