“L’universo
narrativo crea una identità e l’identità aiuta le persone a dare un senso a
quello che fanno” (Fontana, 2014)
Uno
dei compiti più complessi degli adulti, in quanto genitori o insegnanti, è
quello di accompagnare e aiutare i ragazzi di cui si occupano nel difficile
PROCESSO di ATTRIBUZIONE di SIGNIFICATO all’ESISTENZA ovvero, apprendere a
conoscersi meglio, acquisendo così anche la capacità di capire gli altri e
orientarsi nel mondo, relazionandosi in modo sempre più efficace con situazioni
e persone.
Le
Indicazioni Nazionali per il Curricolo entrate in vigore con il D. M. n. 254
del 16 novembre 2012, definiscono chiaramente che, obiettivo della scuola sia
“formare saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale, affinché
possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari
sociali e professionali, presenti e futuri”. Ogni singolo alunno è posto al
centro di ciascuna proposta didattica laddove le discipline di studio diventano
mezzi per la crescita della persona, fine ultimo di ogni azione educativa e
didattica. Il sistema scolastico assume come orizzonte di riferimento il quadro
delle competenze chiave per l’apprendimento permanente (definite dal Parlamento
Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea – Raccomandazione del 2006) secondo
le quali, ogni alunno dovrebbe, sviluppare CONOSCENZE, ABILITA’, ma anche
COMPETENZE e, quindi, capacità di utilizzare conoscenze, abilità e, in genere,
tutto il proprio sapere, in situazioni reali di vita e lavoro.
Se
ORIENTAMENTO, allora, è ATTIVITA’ FORMATIVA che sviluppa competenze,
ORIENTARSI significherà:
* imparare a
PROGETTARE
* imparare ad AUTOVALUTARSI
* imparare a FARE
SCELTE CONSAPEVOLI
Non
è banale riflettere ancora una volta sulla difficoltà che una società come la
nostra ha nel dare riferimenti certi, ”riti” che definiscano chiaramente
passaggi. Difficile dare un senso a ciò che accade e all’imprevedibilità
dell’accadere rispondendo alla domanda di “accompagnare gli alunni ad elaborare
il senso della propria esperienza”. Genitori, docenti, esperti, siamo tutti
chiamati in causa.
Ma, QUALI METODI e QUALI PRASSI
possono portarci verso obiettivi così ambiziosi?
L’APPROCCIO NARRATIVO: PERCHE’?
L’uso
della narrazione ha molteplici funzioni tra le quali fornire una struttura alla
realtà medesima.
La
narrazione è, infatti, un processo cognitivo che consente di promuovere la
consapevolezza e l’autoregolazione emotiva.
La
narrazione è strumento essenziale per lo sviluppo emozionale (Harris, 91).
Tramite
la narrazione possiamo rappresentarci credenze, pensieri e desideri che sono
alla base di specifiche “emozioni”, dando luogo a script complessi ma coerenti,
dove eventi, azioni e stati mentali si combinano dando luogo a specifiche
esperienze emozionali.
Tanto
la comprensione che la produzione di storie richiedono abilità cognitive e
sociali, in particolare, capacità di empatia e disponibilità
all’identificazione.
L’APPROCCIO NARRATIVO: QUALI
FUNZIONI?
Ecco
che, allora, utilizzare la narrazione può voler dire:
COMUNICARE
in un modo comprensibile al ragazzo.
I
personaggi sono presentati attraverso immagini chiare e generalmente sono in
maniera esclusiva o buoni, o cattivi caratteristiche che permettono
l’identificazione con essi.
2.
rendere possibile che esperienze che altri vivono nel superamento di difficoltà
e che sono simili a quelle che stanno vivendo in quel momento suggeriscano in
modo diretto o indiretto, ALTERNATIVE o possibilità di affrontare la sua
situazione, fornendo stimoli, incoraggiamenti e forza necessaria.
3.
trovare una CHIAVE, una modalità che consente di aprirsi al mondo interiore,
dal momento in cui essa parla il linguaggio delle sue emozioni più profonde.
5.
entrare in CONTATTO con la profondità del nostro essere e della nostra
esistenza in completa sicurezza, senza incorrere in rischio alcuno: non siamo
noi a compiere le azioni, ma i personaggi della storia i quali, però, nel loro
agire ci consentono di vedere le situazioni che stiamo affrontando secondo
differenti sfaccettature e angolazioni: possiamo uscire dal guscio interiore
dandoci però la sensazione di non esserci esposti veramente.
Se
narrare è assumere una prospettiva metaforica, fare questo vuol dire, in
sostanza, svincolarsi dalla rigidità di proposte poiché, in quanto adulti,
dovremmo essere maggiormente consapevoli della creatività di cui abbiamo
bisogno per aiutare il bambino o il ragazzino e preoccuparci di quale posto
occupi il gioco nella nostra relazione con lui, quando lo abbiamo di fronte. Il
processo culturale, come dice Winnicott, prende l’avvio proprio nell’area
potenziale dove si struttura il gioco.
Fonti: